L'arte del riordino
- Admin
- 13 set 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 nov 2017
SECONDO LA FILOSOFIA ZEN RIORDINARE E' UN RITO CHE LIBERA LA MENTE, FA AUMENTARE LA FIDUCIA E PERMETTE DI VALORIZZARE CIO' CHE E' REALMENTE PREZIOSO.

Alcuni autori, come Marie Kondo nel noto libro, ritengono che la pulizia e il riordino di una stanza obblighi a confrontarsi con le proprie emozioni e la propria interiorità, così ci si può trovare a confronto con questioni che si è cercato di eludere ed obbliga in qualche modo ad affrontarle. Allo stesso modo, comunque, l’essere costantemente concentrati sul riordino, può rappresentare un tentativo di non prendere contatto con alcune emozioni.
“Decidere di affrontare una fase di riordino delle proprie cose e del proprio ambiente, significa decidere in piccolo di affrontare un cambiamento che, in quanto tale, pone di fronte ad un ignoto e può innescare ansia.”
Gli autori sottolineano quanto sia importante provare a non pensare penosamente alle cose da buttare, ma a cosa poter conservare. Partendo dalla parola “conservare”, che deriva dal latino “salvare-serbare con”, si intuisce come questa sia un’azione in cui la mente è strettamente coinvolta: insieme (cum) all’oggetto noi mettiamo in salvo (da un pericolo, quale può essere la caducità della memoria ad esempio), qualcos’altro. Questo altro è quello che in realtà stiamo tenendo dentro di noi: emozioni, pensieri, persone, parole, eventi, modi di essere e così via.
Ci possiamo separare realmente dall'oggetto, dunque, quando abbiamo la possibilità di recuperare dentro di noi gli aspetti fondanti quella relazione, quel ricordo, quel pensiero che l'oggetto ci rimanda. Solo allora possiamo staccarci: quando abbiamo una sufficiente capacità di poter recuperare l'oggetto e ciò che rappresenta, anche in sua assenza, e un sentimento di fiducia in tale possibilità. Diversamente la presenza dell’oggetto diventa indispensabile.
L'influenza culturale
Non bisogna tralasciare, tra l’altro, che noi “occidentali” viviamo immersi in una cultura che porta tutti, chi più chi meno, a sovrapporre l’essere e l’avere. Questo si riverbera sul nostro mentale e di più: gli oggetti diventano davvero parte del nostro corpo (chi di noi butterebbe un braccio?) e della nostra identità. Un esempio su tutti: lo smartphone e i vari altri supporti tecnologici di cui ormai tutti ci avvaliamo e senza i quali andiamo perduti. Cellulare e simili sono delle vere e proprie memorie esterne per noi, che non riusciamo probabilmente neanche più a chiamare casa in caso di emergenza.
“Alcune risorse mentali hanno visto firmare la delega (probabilmente a servizio di altre), perché siamo sempre di più dei corpi accessoriati .”
Sicuramente però anche nella cultura occidentale può essere rintracciata la possibilità di maggiore benessere nel prendersi cura della propria persona, delle proprie cose e dei propri spazi personali, intesi come estensioni del proprio sé: riducendo la confusione esterna si può accedere più facilmente alla possibilità di ridurre confusione ed ansie interne.
Dott.ssa Colozzi, Dott.ssa Mileo
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